E’
quanto meno tortuoso il ragionamento con cui le istituzioni calcistiche
italiane (Lega e Figc) approvino la scritta “30 sul campo” e non
tollerino, invece, le tre stelle sulla maglia della Juventus. Qualcuno
dovrebbe spiegare - con parole semplici – la differenza dal punto di
vista sostanziale. E tutto sommato anche da quello formale, perché
scrivere 30 o mettere 3 stelle, dato per scontato che 30 indica il
numero degli scudetti e che 30 scudetti valgono tre stelle. Perché il 30
non dà fastidio e le tre stelle fanno venire l’orticaria ai burocrati
del pallone? Forse perché viene specificato “sul campo” che può suonare
come un distinguo o come l’incipit di un concetto più lungo, del tipo
“30 sul campo, ma 28 in Federazione”?
Ma
gli scudetti, di solito, è sul campo che si vincono ed è sul campo,
fisicamente, che si assegnano con la consegna della coppa al capitano
della squadra vincitrice. Scrivere “30 sul campo” è come scrivere “30〃 e
basta, almeno per chi considera il calcio ancora uno sport che si
pratica, per l’appunto, su un prato d’erba 110X60 denominato comunemente
“campo”. Dal 2006 in poi, ovvero dallo scempio giuridico che è stato il
processo sportivo di Calciopoli, abbiamo sentito ripetere da giocatori
juventini e non che quella Juventus, stagioni ‘04-05 e ‘05-’06, era
nettamente la più forte. Non c’è stato un solo calciatore che abbia
avuto il coraggio di affermare il contrario o quello per dire che, senza
Moggi e i suoi presunti reati, quegli scudetti sarebbero stati vinti
dal Milan o dall’Inter.
Oggi,
permettere alla Juventus di scrivere “30 sul campo” sotto il logo della
società suona quasi come una parziale ammissione di colpa da parte
delle istituzioni calcistiche, che di fronte alle nuove verità di
Calciopoli hanno saputo esprimere una relazione (quella di Palazzi, che
sta per compiere un anno) e due imbarazzate e imbarazzanti dichiarazioni
di incompetenza. In Italia siamo abituati, forse appassionati, al
compromesso, che non è mica sempre una brutta parola, e qui ci troviamo
di fronte a un bellissimo esemplare. Un modo per far passare un po’ di
tempo e acqua sotto i ponti, utili a scolorire la rabbia di chi è ancora
convinto di aver assistito a un’ingiustizia e aspetta che qualcuno si
prenda il mal di pancia anche solo di ammetterlo. Tanto, l’abbiamo
capito, sulle maglie e sugli albi d’oro si può scrivere ciò che si
vuole.